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Come funzione il sistema pensionistico in Italia?

  • Immagine del redattore: samuele bozzoli
    samuele bozzoli
  • 25 mar 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 22 apr 2021

Che tipo di sistema sostengono le pensioni di oggi? Come funzionava, invece, 30 anni fa ? Cosa ci aspetta?


Fino al 31 dicembre 1995, in Italia, vigeva il sistema pensionistico retributivo, ovvero un sistema in cui la pensione, per i lavoratori che fino a quella data avevano versato almeno diciotto anni di contributi lavorativi (o per coloro che erano già in pensione), risultava come la media degli ultimi cinque anni di retribuzione lavorativa (considerati invece gli ultimi dieci anni di retribuzione dal '92 al '95 con la legge Amato).

Esempio: Mario ha iniziato a lavorare e versare i contributi lavorativi in modo continuativo nel 1970; negli ultimi cinque anni di lavoro, prima di andare in pensione, ha percepito uno stipendio di 2500€; Mario avrà una pensione di 2500€.


Ovviamente questo metodo ha concesso, e continua tuttora a concedere, grosse pensioni, dovuto anche al fatto che gli ultimi anni di lavoro sono solitamente quelli più remunerativi, caratterizzati dalla crescita professionale e lavorativa fatta durante la vita.

Le conseguenze di questo sistema hanno portato un grosso squilibrio alle casse dello stato italiano, tra contributi lavorativi versati (entrate per lo stato) e pensioni concesse (uscite).


Cercando di far fronte a questo problema, l’8 agosto 1995 (entrando ufficialmente in vigore il 1° gennaio 1996) avvenne una rivoluzione nel sistema di calcolo con la riforma Dini,

con la quale si passò dal sistema retributivo al sistema contributivo, presente tutt’ora, e famosa per il cosiddetto “patto intergenerazionale”.


Detto in modo banale, la nostra pensione dipenderà dai lavoratori del futuro (com’è sempre stato) ma con una differenza di calcolo: la somma (montante) dei nostri contributi versati sarà moltiplicato per un coefficiente pensionistico che con gli anni stanno abbassando sempre di più. La domanda che sorge spontanea é: che coefficiente ci aspetterà quando dovremo andare in pensione noi ?

Vi lascio di seguito la tabella dei coefficienti di trasformazione del montante.


(Fonte: https://www.ilpuntopensionielavoro.it/site/home/pensioni/pensioni-quanto-incide-la-revisione-dei-coefficienti-di-trasformazione.html)


Oltre a ciò stanno anche aumentando l’età contributiva e di anzianità per andare in pensione, misure necessarie per cercare di riequilibrare i conti.


Esiste anche una via di mezzo: il “sistema misto”,

la cui pensione verrà calcolata sia tramite il sistema retributivo, in base ai contributi versati fino al 31 Dicembre 1995 (purché gli anni di versamento dei contributi siano minori di 18 ), sia tramite il sistema contributivo per gli anni che vanno dal 1996 all’età di anzianità contributiva.


Bisogna poi aggiungere a questa situazione di squilibrio tra entrate e uscite per lo stato, la situazione critica dell'Italia nel far fronte ad un paese che invecchia e che fa pochi figli, argomento che tratterò in un altro post.


Un'altra domanda che dovrebbe sorgere spontanea è:

La nostra pensione dipenderà anche dall’andamento dell’economia in Italia?

Si, perché se il lavoro diminuisce o aumenta ne seguono a ruota i contributi lavorativi e le pensioni.


Facendo una proporzione tra le maggiori spese mediche che seguono l’anzianità, un sistema sanitario che da pubblico si sta spostando sempre di più verso quello privato, e le pensioni sempre minori, riusciremo di questo passo a vivere un’anzianità serena?


La situazione venne resa chiara dall’INPS (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale) quando nel 2016 ,

decise di inviare la famosa “busta arancione” ad ogni lavoratore italiano che versa i contributi allo stato, in cui li ha informati a quanto ammonterà la loro pensione e l’età di pensionamento prevista.


Letta da un altro punto di vista ti diceva senza mezzi termini: organizzati la pensione per gli affari tuoi!

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